sabato 27 novembre 2010

Commenti da Arte Libera

Una serata incredibile quella di giovedi, in cui credo davvero fossimo tutti emozionati e orgogliosi di questa Second Life di cui purtroppo, al di fuori del Metaverso, si parla ancora troppo poco.


Ci siamo sempre lamentati delle divisioni dei gruppi italiani, dell'isolazionismo delle land, eppure, per una volta, abbiamo dimostrato che per un fine importante e nel nome della Cultura, è possibile lavorare insieme.
L'idea, apparentemente semplice e non troppo impegnativa, ci è arrivata un paio di mesi fa attraverso una notecard firmata Alice Matroianni... "Che ne dite se facciamo qualcosa tutti insieme per la giornata del 25 Novembre?" Chiedeva a galleristi, artisti e altri "avatar" che si occupano di cultura nel Metaverso. Quando abbiamo accettato credo che nessuno di noi avesse in mente come sarebbe poi cresciuto il progetto. Rionione dopo riunione, mail dopo mail (fiumi di messaggi su Facebook) 2LEI è diventato un evento unico... 10 gruppi riuniti a lavorare fianco a fianco con l'unico obiettivo di far riuscire la manifestazione, al di là dei personalismi, e non so nemmeno dire quanti siano gli artisti coinvolti...

Credo che il nostro orgoglio maggiore nasca proprio dalla maturità con cui ciascuno di noi ha collaborato. Ognuno ha messo a disposizione le proprie esperienze e capacità, tutte diverse, tutte uniche e per questo preziose (e credo valga la pena di sottolineare che tutti lo hanno fatto nel loro.... tempo libero)... L'unione poi, non è stata spersonalizzazione.

Credo che la maggiore ricchezza dal punto di vista dei contenuti sia derivata proprio dal fatto che ognuno di noi ha mantenuto la propria specificità. La mostra di Arte Libera, per parlare del mio gruppo, è una mostra in puro stile Arte Libera, che da sempre (con pochissime eccezioni) predilige le personali alle mostre collettive, perchè si pone come obiettivo quello di promuovere la poetica di ogni singolo artista. Ma la stessa cosa si può dire per tutte le altre istallazioni, tutte di altissima qualità...

Uniti, ognuno nella sua diversità: è la scommessa più grande che si possa fare e mi pare che sia riuscita.


Personalmente vorrei ringraziare innanzitutto Gianmario Masala, l'artista che espone da noi per 2LEI, per l'altissima qualità delle opere che ha portato, il gruppo Il Branco, che ha accettato al volo la mia proposta di collaborazione con Terence Back che ha dato voce a due testi molto intensi, il primo già da lui letto durante le serate di lettura che il suo gruppo propone alla land L'Aaraba Fenice sia alla lettera difficile, forte, toccante che gli ho proposto io... E qui va un altro grande ringraziamento a Marco Grockle, un altro artista Arte Libera, medico in rl, che tempo fa mi aveva fatto leggere questa lettera di un suo collega e che quando gli ho chiesto se potessi renderla pubblica si è fatto intermediario con l'autore (tale Andrea, altro medico all'ospedale Regina Margherita di Torino) per farmene ottenere il consenso. E' importante parlare, è importante anche dare pugni nello stomaco di chi, come noi, vive in Paesi felici, per non dimenticare chi ha solo avuto la sfortuna di nascere ad altre latitudini. Un momento di orrore per situazioni come quelle descritte nella lettera magari non servirà a cambiare il mondo, ma, come si dice per la Shoah e a maggior ragione quando si parla di problemi attualissimi il dovere è "non dimenticare"...

Per questo ho anche pensato di allegare qui sotto entrambi i testi letti ad Arte Libera, ringraziando tutti coloro che sono intervenuti...

(Simba Schumann)


Jack Folla - Donne in rinascita


Più dei tramonti , più del volo di un uccello,
 la cosa meravigliosa in assoluto è una donna in rinascita.


Quando si rimette in piedi dopo la catastrofe, dopo la caduta.


Che uno dice: è finita.

No, non è mai finita per una donna.



Una donna si rialza sempre, anche quando non ci crede, anche se non vuole.



Non parlo solo dei dolori immensi, di quelle ferite da mina anti-uomo che ti fa la morte o la malattia.



Parlo di te, che questo periodo non finisce più, che ti stai giocando l'esistenza in un lavoro difficile, che ogni mattina è un esame, peggio che a scuola.



Te, implacabile arbitro di te stessa, che da come il tuo capo ti guarderà deciderai se sei all'altezza o se ti devi condannare.



Così ogni giorno, e questo noviziato non finisce mai.

E sei tu che lo fai durare.



Oppure parlo di te, che hai paura anche solo di dormirci, con un uomo;

che sei terrorizzata che una storia ti tolga l'aria,

che non flerti con nessuno perché hai il terrore che qualcuno s'infiltri nella tua vita.



Peggio: se ci rimani presa in mezzo tu, poi soffri come un cane.



Sei stanca: c'è sempre qualcuno con cui ti devi giustificare, che ti vuole cambiare, o che devi cambiare tu per tenertelo stretto.



Così ti stai coltivando la solitudine dentro casa.



Eppure te la racconti, te lo dici anche quando parli con le altre: "Io sto bene così. Sto bene così, sto meglio così".



E il cielo si abbassa di un altro palmo.



Oppure con quel ragazzo ci sei andata a vivere, ci hai abitato Natali e Pasque.


In quell'uomo ci hai buttato dentro l'anima ed è passato tanto tempo, e ne hai buttata talmente tanta di anima, che un giorno cominci a cercarti dentro lo specchio perché non sai più chi sei diventata.



Comunque sia andata, ora sei qui e so che c'è stato un momento che hai guardato giù e avevi i piedi nel cemento.



Dovunque fossi, ci stavi stretta: nella tua storia, nel tuo lavoro, nella tua solitudine.



Ed è stata crisi, e hai pianto.
 Dio quanto piangete!
Avete una sorgente d'acqua nello stomaco.



Hai pianto mentre camminavi in una strada affollata, alla fermata della metro, sul motorino.



Così, improvvisamente. Non potevi trattenerlo.



E quella notte che hai preso la macchina e hai guidato per ore, perché l'aria buia ti asciugasse le guance?



E poi hai scavato, hai parlato... Quanto parlate, ragazze!
Lacrime e parole.

Per capire, per tirare fuori una radice lunga sei metri che dia un senso al tuo dolore.



"Perché faccio così? Com'è che ripeto sempre lo stesso schema? Sono forse pazza?"


Se lo sono chiesto tutte.

E allora vai giù con la ruspa dentro alla tua storia, a due, a quattro mani, e saltano fuori migliaia di tasselli. Un puzzle 
inestricabile.

Ecco, è qui che inizia tutto. Non lo sapevi?




E' da quel grande fegato che ti ci vuole per guardarti così, scomposta in mille coriandoli, che ricomincerai.



Perché una donna ricomincia comunque, ha dentro un istinto che la trascinerà sempre avanti.



Ti servirà una strategia, dovrai inventarti una nuova forma per la tua nuova te.



Perché ti è toccato di conoscerti di nuovo, di presentarti a te stessa.


Non puoi più essere quella di prima. Prima della ruspa.



Non ti entusiasma? Ti avvincerà lentamente.


Innamorarsi di nuovo di se stessi, o farlo per la prima volta, è come un diesel.


Parte piano, bisogna insistere.
Ma quando va, va in corsa.



E' un'avventura, ricostruire se stesse. La più grande.



Non importa da dove cominci, se dalla casa, dal colore delle tende o dal taglio di capelli.



Vi ho sempre adorato, donne in rinascita, per questo meraviglioso modo di gridare al mondo "sono nuova" con una gonna a fiori o con un fresco ricciolo biondo.



Perché tutti devono capire e vedere: "Attenti: il cantiere è aperto, stiamo lavorando anche per voi.

Ma soprattutto per noi stesse".



Più delle albe, più del sole, una donna in rinascita è la più grande meraviglia.


Per chi la incontra e per se stessa.

È la primavera a novembre.

Quando meno te l'aspetti...


Lettera di Andrea a Marco

Caro Marco,

ebbene, il mio capo mi sgonfiava da due anni per farmi venire qui, finchè all'ennesimo invito (in un momento di evidente debolezza mentale) [alla fine] ho acconsentito.

Non mi dispiace di essere partito, se non lo avessi fatto non avrei mai visto questo posto.

Ti voglio rallegrare con alcune amenità del luogo.
Nei giorni scorsi ho avuto modo di vedere per la prima volta in vita mia delle donne infibulate, e di capire cosa vuol dire: è successo in sala al momento di mettere il catetere vescicale a una signora operanda.

Non so se tu abbia mai avuto occasione di vedere una cosa simile....

Ebbene, la signora davanti non aveva nulla, tutto piatto come se fosse una bambola finta, di quelle dei bambini. Solo sotto, a livello del terzo posteriore di quello che una volta era la vulva restava un buco del diametro di 2 cm, a fondo piatto. Se con un retrattore alzavi il lembo di cute ricostruita davanti suturando insieme le due grandi labbra, in alto c'erano la vagina e l'uretra (altissima). Naturalmente non c'era più traccia di clitoride, che viene asportato. Sul davanti dell'inguine era tutto piatto, c'era solo una cicatrice verticale esito della sutura, fatta dalla madre o dalla zia, secondo quel che mi hanno detto.

Prova a immaginare cosa vuol dire orinare o avere i cicli in una situazione anatomica come questa. Mi dicono infatti che le infezioni sono all'ordine del giorno. Ebbene una siffatta mutilazione viene fatta all'età di 6 anni su TUTTE le donne. Tutte le infermiere, dottoresse, donne arabe di qui sono così. E se per caso non lo fossero vengono rifiutate dalle altre loro simili, che le rendono delle paria.

C'è ancora un addendum: la femmina così modificata rimane tale fino al matrimonio, poi viene "aperta" dal marito per avere rapporti sessuali. Quando poi resta incinta la si "richiude" fino al parto, quando la si "riapre". Così mi hanno raccontato.

Non faccio commenti!

Mi hanno mandato anche a visitare il campo profughi di Mayo, i profughi del Darfur, per rendermi conto delle situazioni locali.

Le parole non bastano, e non è che i dintorni siano molto meglio. L'unica differenza è che nel campo profughi le case sono baracche fatte di tela di juta (quella dei sacchi) e di cartone, mentre intorno, nella "cittadina" di Mayo (e anche di Soba, nei sobborghi di Khartoum, dove c'è l'ospedale) le case sono fatte di fango e paglia... quelle dei ricchi di mattoni di terra cotti.

Lungo il Nilo è pieno di "fabbriche" di mattoni che vengono fatti come 5000 anni fa.

La cosa curiosa è che qua e là, in mezzo alle baracche, sputa un'antenna satellitare!

Il campo profughi ha 300.000 abitanti, e tutto intorno il paesaggio (un po' identico a tutti i posti che ho visto) è piatto, aridissimo, di terra grigio-rossastra tutta secca e screpolata, con pochissimi arbusti e nessun albero. Sugli arbusti ci sono attaccati i sacchetti della spazzatura e gli shopper gialli della spesa, grigi, neri, blu, arancioni.

Buttano la spazzatura dove capita, la parte organica si degrada al sole, e restano i sacchetti che il vento porta in giro e che si attaccano agli arbusti spinosi e ai recinti di filo spinato. Ai due lati della strada c'è immondizia ovunque.

Immagina un immenso immondezzaio a cielo aperto con tutti i sacchetti sparsi ovunque, la terra aridissima e dura, e qua e là case di mattoni diroccate o scheletri di case di cemento non finite, sparse a caso con un mucchio di spazio tra l'una e l'altra.

Questo è il Sudan. Poetico, no? Come ti dicevo...

Accanto al campo profughi c'è l'ambulatorio gestito da Emergency che siamo andati a visitare, gestito da una infermiera sola, tenacissima che cura, spiega, fa educazione sanitaria e cura mamme e bambini. Hanno perfino un laboratorio.

Mentre eravamo lì è andata all' "ospedale" pubblico ad arrabbiarsi con i dottori locali a cui aveva mandato un bimbo da curare che non era stato curato, e la abbiamo accompagnata per vedere.

Qui in teoria la sanità sarebbe gratuita per i bimbi e per le mamme, in realtà se non paghi in farmacia non ti danno nulla, in compenso ci sono tanti ambulatori di dentisti o radiologi o medici a pagamento.

Allora: l'ospedale pubblico consiste in una tettoia costruita sei anni fa dai cinesi, in lamiera blu, con i muri di mattoni imbiancati 6 anni fa e tutti scrostati, tutto open space con all'interno due piani e tutto ammassato: ambulatori, camere, studi, farmacia, laboratori e tanta gente in giro.

La mamma era buttata su un letto in una "camera di degenza", una normale stanza con la finestra senza nulla, un buco aperto, e 4 brande.

Lei era buttata su una branda, senza forze, con il bimbo attaccato alla tetta con la febbre, tachicardico, che vomitava. Due stracci. La mamma prendeva il vomito del bimbo in mano e lo spalmava sul letto.

La infermiera ha chiamato la "dottoressa" locale che ha detto che il bambino stava bene e che per la mamma non sapevano che fare.

Lei ha lasciato le medicine e ha fatto fare l'antibiotico endovena al bimbo usando l'ago che gli aveva messo ieri. Uscito l'ago, se lo perde, finito tutto....

All'ambulatorio lei cura le parassitosi intestinali, le infezioni cutanee, le impetigini, la scabbia, i pidocchi, insomma tutte le belle cose che porta la povertà.

Lei dice che se in mezzo al campo si mettesse a distribuire cibo, solo quello, avrebbe risolto il 50% dei problemi della gente, perchè il problema più grosso è che non hanno niente da mangiare e nulla per comprarlo.

Qui le mamme partoriscono e allattano il figlio per 6 mesi, dopodichè restano di nuovo incinte e il piccolo non ha più diritto al latte della mamma, e deve arrangiarsi: andare in giro da solo a succhiare le tette delle capre per allattarsi altrimenti muore.

Infatti la mortalità maggiore in Sudan è tra i 6 mesi e i 5 anni. Proprio per questa abitudine. Se se la cavano sopravvivono, se non hanno altri problemi.

Una delle due cose che la ragazza deve insegnare alle mamme è di non medicare il cordone ombelicale, perchè qui lo impacchettano con la cacca di mucca, e i piccoli muoiono di setticemia.

L'altro problema è il non tenere il fuoco dentro le capanne, perchè i bimbi ci cadono dentro e si ustionano.

Ecco, in confronto qui in ospedale è il paradiso in terra, per questo è difficilissimo pensare a cosa fare per questa gente, se mai sarà possibile.

L'ospedale come dicevo è invece bellissimo ed efficientissimo: nei giorni scorsi mi si è rotto il fonendoscopio e mi mancava un pezzo per aggiustarlo: la catastrofe! Non puoi capire: è impossibile farsi spedire cose per posta, non esiste servizio postale. Mi hanno mandato delle ingegnere biomediche che gentilissime mi hanno trovato il pezzo di ricambio tra le loro scorte!

E qui introduco una parentesi futile per dirti che qui le donne sono in media VERAMENTE molto belle! Hanno dei lineamenti finissimi e dolci e sono in media notevolmente alte. Insomma, delle belle cerbiattone, con degli occhi neri bellissimi! Non scherzo..... le due biomedicali mi hanno notevolmente colpito. Una delle due parlava un Inglese perfetto! Poi ci sono varie strumentiste e infermiere di reparto notevoli. Non me lo aspettavo! E poi sono spiritose, rispondono alle battute, scherzano e sono molto affettuose.

Un abbraccio

Andrea